31.12.2020

“TORNIAMO AI PRINCIPI COSTITUZIONALI: BASTA AI PROTOCOLLI LOCALISTI”

Le disposizioni introdotte con l’art. 23 del D.L. n. 149 del 09.11.2020 in tema di celebrazione e decisione dei giudizi penali di appello nel contingente periodo di pandemia da Covid-19 sono solo l’ultimo – e decisivo – colpo inferto al nostro processo penale, in ordine di tempo.
Dal mese di marzo siamo costretti a convivere con la burocratizzazione del procedimento penale con il fiorire di protocolli adottati dai vari uffici giudiziari, dei quali si è data ampia diffusione. Protocolli che sono stati sì il frutto di un vivace confronto fra tutte le parti a vario titolo coinvolte, ma che rischiano di portare ad un pericoloso appiattimento della giustizia penale agli stessi.
Paradossalmente, infatti, il risultato finale cui si è arrivati con la redazione spasmodica di protocolli ha finito con l’essere altro rispetto a quello che i soggetti interessati nell’elaborazione di essi si erano prefissate: una diffusa disparità, a livello circondariale, distrettuale e a livello nazionale tra i vari uffici giudiziari, ovvero prassi differenti e difformi.
Questo pericolo è insito ogni qual volta viene sottoscritto un protocollo a livello locale. E ciò tocca inevitabilmente il principio di legalità.
Uno strumento di salvezza però c’è, ed è la riserva di legge – inserita nella Costituzione – che prevede che la disciplina di una determinata materia sia regolata dalle legge primaria e non da fonti di tipo secondario – e ancor meno da protocolli localisti.
La riserva di legge ha una funzione di garanzia ed assicura che in materie particolarmente delicate, come i diritti fondamentali del cittadino (quali il diritto alla difesa e al giusto processo), le decisioni vengano prese proprio dall’organo più rappresentativo del potere sovrano, ossia dal Parlamento, così come previsto dall’art. 70 Cost.
Tuttavia, assistiamo ad un potere legislativo emarginato e che forse non può che imputare a se stesso tale stato, poiché pur disponendo di strumenti per aprire dibattiti, tavole di confronto e per ribadire a gran voce il proprio primato – anche politico -, annichilisce di fronte alla deriva della giustizia penale territoriale e feudale.
La legislazione protocollare svilisce la legge e questo “è un problema di coscienza e religione” (citando impropriamente L. Sciascia), perché il processo penale ha una sua sacralità che deve essere preservata e difesa. E le battaglie di noi avvocati non possono essere ridotte a mero corporativismo, poiché oggi più che mai sono battaglie per i diritti.
Del resto, l’Avvocato è alta espressione di democrazia, libertà e tutela dei diritti e deve contribuire con equilibrio e fermezza ad affermare i principi costituzionali nelle aule giudiziarie per garantire il diritto dell’indagato/imputato ad un processo equo e giusto.
Occorre un atto di coraggio. Occorre tornare ad essere sentinelle della giustizia e guardare a quell’orizzonte così non troppo lontano da noi: la Costituzione.
Occorre, quindi, convergere all’unisono in un solo motto: “Torniamo al Giusto Processo!”

Torino, 31 dicembre 2020

Il Consiglio Direttivo